Archivio Autore: Giorgia

IL SISTEMA DI QUALITÀ NAZIONALE DI PRODUZIONE INTEGRATA

 

Il Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata (SQNPI) è stato istituito con la Legge n. 4 del 3 febbraio 2011 (art.2) e diventato ufficialmente operativo nel Gennaio 2016.

La finalità del SQNPI è quella di certificare le produzioni agricole ed agroindustriali, ottenute conformemente alla norma della produzione integrata che, la legge stessa, definisce al comma 4 come:

Il sistema di produzione agroalimentare che utilizza tutti i mezzi produttivi e di difesa delle produzioni agricole dalle avversità, volti a ridurre al minimo l’uso delle sostanze chimiche di sintesi ed a razionalizzare la fertilizzazione, nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici”.

Il Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata è riconosciuto a livello nazionale e comunitario (Reg. Ce 1974/2006) e si pone l’obiettivo di valorizzare le produzioni vegetali, ottenute in conformità ai disciplinari regionali di produzione agricola integrata, aggiungendo valore al prodotto per quanto riguarda sicurezza, qualità e processi di coltivazione rispettosi dell’ambiente e della salute dell’uomo, ovvero sostenibili.

La norma prevede:
a) il regime e le modalità di gestione del sistema;
b) la disciplina produttiva;
c) il segno distintivo con cui identificare i prodotti conformi al sistema;
d) l’attuazione di adeguate misure di vigilanza e controllo.

Il SQNPI è stato concepito per diventare uno strumento competitivo, finalizzato alla valorizzazione, differenziazione e promozione dei prodotti agricoli e alimentari sul mercato ottenuti con tecniche di produzione integrata, orientate cioè a ridurre al minimo l’uso di sostanze chimiche di sintesi, pesticidi e fertilizzanti.

Il Documento Tecnico di riferimento per gli operatori interessati ad entrare in questo Sistema Qualità e a valorizzare le proprie produzioni integrate è rappresentato dal DPI della propria Regione. Infatti è stabilito anche un “regime di equivalenza” tra i sistemi qualità regionali di produzione integrata, ed il SQNPI (D.M. 8 maggio 2014).

ADESIONE

L’adesione al SQNPI viene effettuata informaticamente utilizzando il sistema informativo nazionale di produzione integrata (SIAN) seguendo le modalità dettagliate nel documento “Adesione, gestione, controllo” approvato a livello nazionale.

Le aziende possono aderire al SQNPI in forma singola o associata (es. Consorzi, Cooperative, Associazioni, OP) e, oltre alle aziende agricole, possono aderire anche condizionatori, trasformatori e distributori (nel caso di prodotto commercializzato sfuso).

I dati dell’operatore agricolo devono essere coerenti con i dati del fascicolo aziendale di cui al Dpr. 503/99 e D. lgs. 99/2004 per cui prima della presentazione dell’istanza di accesso al SQNPI è necessario avere costituito e/o aggiornato il fascicolo aziendale. Per gli altri operatori è prevista la costituzione di un fascicolo in forma anagrafica con le modalità previste dal sistema informativo predisposto per l’adesione al SQNPI.

La richiesta di adesione prevede, contestualmente, la scelta dell’organismo di controllo (ODC) tra quelli accreditati e inseriti nell’apposito elenco gestito dal Mipaaf.

Annualmente l’operatore invia la conferma di adesione al sistema di qualità e nel caso vi fossero variazioni colturali, il piano annuale di coltivazione con le specifiche relative alle colture che intende assoggettare al regime di certificazione.

Sono gli ODC, dopo le verifiche necessarie, ad avviare il processo di certificazione.

LE OPZIONI DI CERTIFICAZIONE

Gli operatori aderenti in fase di adesione si trovano di fronte alla scelta di quale tipo di certificazione corrisponde alle loro esigenze.

Possono, infatti, richiedere la sola certificazione della fase di coltivazione, ottenendo un attestato di Conformità agro climatica ambientale delle colture/superfici. In questo caso, però, non potranno fare uso del logo (e -quindi- commercializzare il prodotto con il marchio SQNPI) ma possono altresì accedere ai contributi previsti da PSR e OCM.

Diversamente, possono far richiesta dell’uso del marchio, ottenendo il Marchio SQNPI e la conformità agro climatica ambientale.

Il marchio del SQNPI, istituito con Decreto del Ministero delle politiche Agricole Alimentari e Forestali 4890 del 08/05/2014, può essere utilizzato a titolo gratuito da tutti gli operatori dell’Unione europea compresi nelle categorie dei produttori, condizionatori, confezionatori e distributori che aderiscono al SQNPI e ne fanno un uso finalizzato a contraddistinguere esclusivamente le produzioni ottenute conformemente allo standard di tale sistema e certificate dagli organismi di certificazione.

Tale marchio può essere riportato in etichetta, nell’ambito di una strategia di marketing che intenda valorizzare i prodotti agroalimentari eco-friendly e può essere usato anche in abbinamento con altri marchi (privati o collettivi) che qualificano il prodotto sulla base di standard diversi purché non si ingeneri confusione nel consumatore.

IL SISTEMA DEI CONTROLLI

Tutti gli Operatori aderenti al SQNPI devono essere sottoposti alle verifiche di conformità. Tali verifiche vengono svolte dagli Organismi di Controllo (ODC) sulla base di piani di controllo redatti in conformità alle “Linee guida nazionali per la redazione dei piani di controllo della produzione integrata (LGNPC)”.

Le misure di controllo previste sono progettate su un doppio livello di controllo al fine di dimostrare l’applicazione dei disciplinari di produzione integrata regionali lungo tutte le fasi di produzione: dalla fase agricola, trasformazione, confezionamento ed eventualmente identificazione del prodotto finito attraverso il segno distintivo “Qualità sostenibile”.

Il sistema dei controlli si sviluppa su due livelli:

  • Autocontrollo aziendale che prevede la verifica dei requisiti di conformità da parte degli operatori inseriti nel SQNPI per le attività svolte presso i propri siti produttivi (es. registrazioni delle operazioni colturali, acquisto e utilizzo dei prodotti fitosanitari, fatture acquisto fitofarmaci, concimi, risultati analisi suolo, analisi suolo, esito taratura delle macchine irroratrici, ecc.). Nel caso di adesione come gruppo di operatori associati, l’organizzazione capo-filiera dovrà effettuare la verifica interna di ciascun operatore aderente e caricarne il risultato sul portale di Rete Rurale. La verifica da parte dell’OdC scelto potrà avvenire non prima che tutte le aziende aderenti siano state approvate internamente.
  • Controllo da parte di OdC appositamente autorizzati dal MIPAAF. Il controllo viene effettuato sul 100% degli operatori aderenti in forma singola mentre nel caso degli operatori associati è prevista la visita iniziale su un campione corrispondente alla radice quadrata delle aziende associate.

VEDERE IL RESIDO ZERO: TUTTO QUELLO CHE C’E’ DA SAPERE

CheckFruit, in qualità di Organismo di Certificazione ha partecipato al webinar VENDERE IL RESIDUO ZERO: TUTTO QUELLO CHE CE’ DA SAPERE un’ottima opportunità per aggiungere al confronto le proprie competenze ed esperienze.

L’incontro ha coinvolto i principali stakeholder per parlare del rischio e delle opportunità offerte dal prodotto ResiduoZero a fronte della sua progressiva ed importante diffusione. Carmelo Sigliuzzo responsabile progettazione e sviluppo di CheckFruit ha illustrato la linea guida di certificazione prodotto ResiduoZero.

Le principali esperienze dei produttori sono state presentate da Roberto Chiesa per Flli Romagnoli, pionieri nella produzione di patate a ResiduoZero e Paolo Piccinni – Gruppo Orsero che nell’occasione ha evidenziato la crescita dei propri volumi di vendita di ananas, pomodoro e cetriolo a residuo zero. Rilevanti anche gli interventi dei distributori presenti quali Luca Cardamone per Unes Supermercati che si dice fiducioso in merito a questo tipo di produzione, tanto da introdurre in alcuni punti vendita isole dedicate al ResiduoZero nelle quali sono proposti prodotti di prima e quarta gamma. Gianmarco Guernelli- Conad pur apprezzando la presenza e disponibilità di prodotto a residuo zero ha manifestato qualche riserva in merito al posizionamento commerciale non ancora sufficientemente chiaro in conseguenza del quale anche la comunicazione al consumatore potrebbe dare origine ad equivoci.

Check Fruit ringrazia per l’opportunità di confronto concessa:

  • Raffaella Quadretti – Myfruit.it
  • Gianmarco Guernelli – CONAD
  • Luca Cardamone – UNES
  • Paolo Piccinni – Fruttital

Di seguito il link della registrazione completa del webinar di myfruit TV che si è tenuto il 27 Settembre 2022

https://lnkd.in/dkr_-xRt

Checkone

Checkone è un’applicazione sviluppata da CheckFruit, nata dall’esperienza maturata negli anni in ambito ispettivo e di controllo dei prodotti.

Nasce con l’obiettivo di migliorare l’efficienza dell’attività di controllo ispettiva in quanto è in grado di ottimizzare il lavoro di verifica, accelera i tempi di comunicazione e trasmissione dei dati e di gestire informazioni e dati per agevolare i processi decisionali a breve termine e futuri.

I punti di forza di questa applicazione sono molteplici, tra questi la possibilità di inviare in automatico il report all’amministratore al momento della chiusura del controllo, ogni requisito o targhet è definibile dall’utente ed è in grado di acquisire e gestire immagini.

CheckOne è impiegabile su diversi dispositivi, come smartphone e tablet, disponibile nelle lingue Italiano ed Inglese che opera sia in condizioni On Line che OffLine.

Buona visione del video di presentazione dell’applicazione sottostante

Per approfondire le potenzialità di questo strumento contattate l’indirizzo email: checkone@checkfruit.it

CODEX ALIMENTARIUS: QUALE DOCUMENTO E’ CAMBIATO? COSA E’ CAMBIATO IN QUEL DOCUMENTO?

Negli ultimi mesi, su varie piattaforme, sono apparsi diversi articoli riguardanti le modifiche al Codex Alimentarius avvenute nel 2020. A parere di chi scrive, è necessaria qualche precisazione, soprattutto per non generare confusione in coloro che non hanno familiarità con il Codex e con i suoi documenti.

Iniziamo con il dire che il Codex Alimentarius non è un documento unico ma una raccolta di centinaia di documenti (standards, linee guida, codici di buona pratica). Tutti questi documenti sono disponibili gratuitamente sul sito http://www.fao.org/fao-who-codexalimentarius, in varie lingue, non in italiano. Sul sito è possibile trovare standards, linee guida, codici di buone pratiche generici o specifici per singoli prodotti o categorie di prodotto. Praticamente una fonte sterminata di informazioni preziose, utilissima per tutti coloro che si occupano di sicurezza alimentare.

L’importanza di questi documenti sta nel fatto che essi contengono pratiche standardizzate a livello internazionale, che contribuiscono al miglioramento della sicurezza e qualità dei prodotti alimentare nonché alla correttezza del commercio mondiale di alimenti. I consumatori sono tutelati rispetto alla sicurezza e qualità dei prodotti alimentari che acquistano e gli importatori hanno un certo grado di garanzie nei loro scambi sia sugli aspetti di sicurezza alimentare sia sul rispetto delle specifiche concordate con i fornitori.

Gli standard, le linee guida, i codici di buona pratica del Codex si basano su dati e considerazioni oggettive, confortati dalle migliori acquisizioni scientifiche disponibili, provenienti da organismi di ricerca indipendenti sulla valutazione dei rischi oppure su consultazioni internazionali “ad hoc” organizzate dalla FAO e dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).

Pur essendo solo raccomandazioni per applicazioni volontarie degli stati membri, gli standard del Codex sono utilizzati spesso come base per la legislazione sanitaria nei vari paesi (i paesi membri del Codex sono 188, l’Unione Europea partecipa come organizzazione unica, il 99% della popolazione mondiale è coperto da queste partecipazioni).

I documenti che compongono il Codex Alimentarius vengono presi come base anche per lo sviluppo di sistemi di sicurezza alimentare aziendali e sono richiamati da standard privati (es. BRCGS, IFS) e da standard ISO (ISO 22000).

Fatta questa doverosa premessa, torniamo alla domanda di base: cos’è che è stato modificato nel 2020?  Il documento modificato è General Principles of Food Hygiene CXC 1-1969 ovvero il documento che descrive le buone pratiche generiche, quelle applicabili in qualunque contesto produttivo sia della produzione primaria che della trasformazione.

Diciamo subito che il documento non è stato stravolto rispetto alla versione precedente, tuttavia sono state introdotte modifiche importanti. Tra le più rilevanti:

    • è stato introdotto il capitolo “Ruolo delle autorità competenti, dei Food Business Operators (gli OSA) e dei consumatori” che specifica che cosa ci si aspetta dai vari soggetti
    • è stato introdotto il capitolo “Principi generali” sui quali basarsi per ottenere alimenti sicuri
    • è stato introdotto il capitolo “Impegno delle Direzione per la sicurezza alimentare” sottolineando come sia fondamentale per il successo di qualunque sistema di sicurezza alimentare che nelle aziende venga sviluppata una cultura della sicurezza alimentare, sviuppo che deve necessariamente essere promosso e testimoniato dalla Direzione aziendale
    • nel capitolo 1 (Good Hygiene Practices) è stato introdotta la sezione 1 “Introduzione e controllo dei pericoli negli alimenti” che illustra i principi di base da considerare per individuare le fonti di introduzione dei pericoli e le varie misure preventive
    • il capitolo relativo alla formazione del personale, che nella precedente versione era il capitolo 10, è stato “promosso” ed è diventato il capitolo 4 della versione 2020. Questo avanzamento non è da intendersi come casuale, al contrario si è voluto sottolineare come il contributo del personale al raggiungimento della sicurezza alimentare sia uno dei punti fondamentali da tenere in considerazione. Il capitolo è stato anche arricchito in termini di contenuti.
    • è stata aggiunta un’appendice (Annex 1) che riporta una tabella in cui vengono comparate le misure di controllo generiche e i CCP

Nelle ultime pagine del documento troviamo la sequenza logica per l’applicazione dell’HACCP, un esempio di modulo per condurre l’analisi dei pericoli e un esempio di modulo per la gestione dei CCP.  Rispetto alla versione precedente non è più riportato l’albero delle decisioni, utilizzato per individuare i CCP.

Questo vuol dire che l’albero delle decisioni non si può più utilizzare? A parere di chi scrive, l’albero delle decisioni rimane uno strumento affidabile per individuare i Critical Control Point, sempre che si utilizzi correttamente; semplicemente non è l’unico strumento disponibile e, a dire il vero non lo è mai stato. Quello che la metodologia HACCP richiede è che venga utilizzato un approccio logico, lo strumento che si usa può cambiare.

“RESIDUO ZERO”: L’EVOLUZIONE DEL PERCORSO DI SOSTENIBILITA’

La riduzione dell’impiego degli agrofarmaci e, più in generale, degli input chimici in agricoltura rappresenta uno dei principali obiettivi delle politiche di sostenibilità declinate, a livello mondiale, inAgenda 2030 delle Nazioni Unite e, più recentemente, nelle politiche del Green Deal Europeo – 2050 con la strategia “Farm to Fork” pubblicata dalla Commissione Europea l’11 dicembre 2019. Basti considerare, in quest’ultimo caso, che tale strategia prevede, tra le altre, la riduzione del 50% dell’uso complessivo di agrofarmaci e di almeno il 20% dell’uso dei fertilizzanti entro il 2030 (praticamente………domani!).

In verità l’agricoltura italiana ha intrapreso, da lungo tempo, un continuo e crescente percorso nella direzione della sostenibilità, affrontando le grandi sfide dei mercati e caratterizzando le proprie produzioni (in particolare le ortofrutticole) nella direzione dei metodi sostenibili, dalla “produzione integrata” all’agricoltura biologica.  Una forte spinta verso la riduzione dell’impiego degli agrofarmaci è provenuta dalle crescenti richieste della Distribuzione Organizzata italiana ed Europea, sempre più incalzanti a partire dalla seconda metà degli anni ’90. Oltre alla riduzione in termini di percentuali di residui di sostanze chimiche presenti nelle materie prime (30-50% del RMA -residuo massimo ammesso), oggi molte catene distributive (soprattutto del Centro e Nord Europa) impongono la riduzione in termini di numero massimo di sostanze presenti e l’esclusione di gruppi di sostanze chimiche ritenute particolarmente pericolose per il consumatore (seppur ammesse ed autorizzate all’impiego). Il metodo della “Produzione Integrata” – però – ha sino ad ora sofferto di difficoltà di comunicazione dei propri valori e dei contenuti di sostenibilità. Il consumatore non comprende il significato del termine e, a dire il vero, anche i tecnici e gli “addetti ai lavori” hanno stentato, per lungo tempo, a darne una definizione univoca. Eppure il metodo è implementato ormai da più di 25 anni dagli operatori agricoli, attraverso l’applicazione dei Disciplinari di “Produzione Integrata” messi a punto dalle Regioni italiane ed avendo trovato, da qualche anno, riconoscimento a seguito dell’attuazione del PAN (Piano d’Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari) nelle sue varie declinazioni. Questo metodo, e le certificazioni volontarie ad esso legate (GlobalGAP in primis), hanno di fatto permesso agli operatori agricoli di affermarsi e incrementare i propri spazi di mercato in Italia, ma anche e soprattutto all’estero. Purtroppo, però, anche in questo caso si deve segnalare che, i grandi sforzi compiuti dagli operatori agricoli, non sempre risultano adeguatamente ripagati in termini economici. Parte del valore aggiunto della filiera è -infatti- molto spesso intercettato dall’ultimo anello della catena, rappresentato ancora una volta dalla distribuzione organizzata, capace di comunicare la “sostenibilità” e di parlare direttamente al consumatore.In questo contesto, ad ulteriore dimostrazione della grande resilienza di cui l’agricoltura italiana è capace, la certificazione volontaria Residuo Zero rappresenta una delle recenti evoluzioni, tra le più interessanti all’interno del panorama produttivo italiano poiché riesce a “fare sintesi”, soprattutto perché i valori che sottendono al metodo vengono comunicati al consumatore con più facilità, in maniera chiara ed univoca. Questa, partendo dall’applicazione di metodi agricoli sostenibili, sulla base di esperienze e conoscenze tecniche specifiche, e prediligendo i metodi non chimici, seleziona e limita ulteriormente l’utilizzo di prodotti chimici di sintesi, impiegando fitofarmaci scelti tra quelli a più basso impatto ambientale e bassa residualità, al fine di consentire l’ottenimento di prodotti del tutto privi di residui rilevabili.Poiché – al momento – non esistono normative riconosciute, nazionali o internazionali, al fine di stabilire con chiarezza e univocità cosa si intenda perResiduo Zero” Check Fruit, organismo di certificazione italiano leader nel comparto ortofrutticolo, ha realizzato una propria Linea Guida. Questa definisce i requisiti, i documenti e le procedure tecniche che le Organizzazioni richiedenti la certificazione devono adottare, al fine di assicurare l’ottenimento di prodotti vegetali con residuo di prodotti chimici, ammessi per legge, al di sotto dei limiti di quantificazione analitica (0,01 mg/Kg). Poiché è ammesso anche l’utilizzo di sostanze fitosanitarie autorizzate all’impiego nella produzione biologica (ai sensi dell’Allegato II al Reg. CE 889/2008), queste sono tollerate nei limiti massimi del 50% del RMA (Residuo Massimo Ammesso per legge) per lo specifico prodotto vegetale.

Poiché “Residuo Zero” rappresenta l’evoluzione di sistemi sostenibili già operanti in azienda, l’organizzazione che richiede tale certificazione deve avere ottenuto, o contestualmente richiedere (e impegnarsi a mantenere per l’intero ciclo di certificazione), per gli stessi prodotti, almeno una delle seguenti certificazioni:

    • UNI 11233:09 “Sistemi di produzione integrata nelle filiere agro-alimentari”;
    • SQNPI – “Sistema Qualità Nazionale di Produzione Integrata”;
    • GlobalG.A.P. – IFA – Fruit & Vegetable.

L’organizzazione che richiede la certificazione deve redigere un Disciplinare Tecnico di Produzione, o documenti analoghi, che descriva le regole con cui devono essere svolte le principali attività aziendali per garantire il raggiungimento degli obiettivi stabiliti. Tali regole devono essere stabilite almeno per:

    • rendere visibile e trasparente il sistema di gestione del prodotto;
    • rendere sistematica l’esecuzione delle attività e dei controlli interni;
    • favorire l’addestramento del personale;
    • verificare continuativamente la conformità delle attività svolte;
    • dimostrare la conformità delle attività svolte e dei prodotti ottenuti (anche mediante l’implementazione di piani di campionamento e analisi dei prodotti);
    • dimostrare la capacità, dell’organizzazione, di mantenere un sistema efficiente di rintracciabilità dei prodotti oggetto di certificazione;
    • dimostrare la capacità di monitorare e gestire i prodotti che eventualmente non risultassero conformi al Disciplinare.

Il nuovo percorso è appena cominciato, eppure i consumatori sembrano essersene già accorti. Un recente studio di SGMarketing (“L’impatto dell’epidemia Covid-19 sul comportamento d’acquisto e consumo di ortofrutta in Italia”, Giugno 2020) ha messo in evidenza un notevole interesse verso i prodotti a “Residuo Zero”. Il 25% del campione di consumatori intervistati ha manifestato una propensione all’acquisto di tali prodotti inaspettatamente, anche se di poco, al di sopra del prodotto biologico (al 23%). La parola chiave è oggi rassicurazione che il consumatore in epoca Covid, declina soprattutto nel bisogno di sicurezza alimentare (origine, tracciabilità e certificazioni). Di questo non potevano non accorgersi i retailer, sempre pronti a intercettare i mutamenti delle logiche di acquisto. Lo studio SGMarketing ha riguardato anche la distribuzione organizzata. Le interviste effettuate a Category Manager e Buyer dei freschissimi, hanno rilevato il grande interesse verso questo nuovo segmento di mercato. Il 12% degli intervistati ha dichiarato di aver già attivato quest’area strategica e il 59% ha in programma di farlo a breve.

L’agricoltura italiana sta vivendo grandi mutamenti e ha dimostrato, nel tempo, una grandissima capacità di adattamento, non comune neanche ad altri settori più “evoluti” della nostra economia. La modernizzazione dei processi agricoli con l’applicazione delle nuove tecnologie (la cosiddetta Agricoltura 4.0), la ricerca di nuovi strumenti “non chimici” e di agrofarmaci a minor impatto sull’ambiente e sull’uomo, tracciano i nuovi passi della nostra agricoltura. Nuove e grandi sfide che dovranno essere colte dagli imprenditori agricoli per intercettare e anticipare i cambiamenti dei mercati, a livello locale e globale. E le certificazioni di prodotto “business to consumer“, quale è “Residuo Zero“, possono rappresentare uno strumento prezioso e veicolo di comunicazione diretta, chiara e trasparente. Nell’ottica della sostenibilità ambientale, sociale ed economica.